Questa petizione è volta a far riconoscere l’arte e le tradizioni nella storia del Panettone e dei pasticcieri di Milano patrimonio immateriale dell’Umanità UNESCO, per salvaguardarle anche nel futuro.
Il panettone è una fra le specialità dolciarie più note della tradizione italiana. Nato a Milano, è considerato in tutt’Italia il simbolo del Natale, oltre che l’emblema della città stessa.
La sua storia affonda le radici in un passato remoto, le cui prime tracce risalgono al decennio 1470-80, durante il quale Giorgio Valagussa, umanista e precettore a casa Sforza, scrisse un testo dialogico relativo alle tradizioni natalizie delle famiglie milanesi. Secondo le sue parole, da tempo immemorabile la sera del 24 dicembre venivano portati in tavola tre grandi pani di frumento, simbolo della Trinità, che sono appunto gli antenati del panettone. Secoli fa il frumento era considerato un alimento ricco; i più poveri, infatti, mangiavano pani fatti con granaglie meno nobili e potevano consentirsi il pane di frumento solo una volta l’anno.
È da quei tre grandi pani che si è sviluppata la ricetta del panettone come la conosciamo oggi. Farina, burro, zucchero, uova e frutta vi s’incontrano con quello che è l’ingrediente principe, il lievito naturale o lievito madre. Questo composto di acqua e farina, bizzoso e difficile da gestire, è l’elemento caratterizzante del panettone, quello che gli dà la struttura soffice, elastica e alveolata che lo rende unico; ma guai a sbagliare: un piccolo errore e si butta via l’intero impasto. L’altro ingrediente specifico della preparazione è immateriale: il tempo. Per fare un panettone occorrono almeno 36 ore, ma spesso molto di più e questo, insieme alla difficoltà della gestione del lievito madre, scoraggia molti. Solo i pasticcieri più volenterosi, più competenti e più caparbi vincono questa sfida.
Per questo panettone vuol dire cultura, sia nel senso di una mirabile tecnica di preparazione, modellatasi nel tempo con l’apporto della sapienza artigianale d’ignoti fornai e pasticcieri milanesi, sia nel senso di identità storica di un popolo, che lo ha collocato al centro dei festeggiamenti natalizi e non solo: nel dizionario Milanese-Italiano del Cherubini (1839) si afferma che, se il panattón di una o più libbre faceva la sua apparizione solo a Natale, i piccoli panattonin erano presenti sui banchi degli offellai tutto l’anno. Amato da Alessandro Manzoni e Giuseppe Verdi, ha dato spunti per composizioni poetiche in milanese e prove narrative in italiano, da Giovanni Barrella a Dino Buzzati, fino a Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Persino Topolino gli ha dedicato una storia.
Oggi il panettone artigianale, quello fatto secondo le regole della tradizione e arricchito dagli spunti innovativi dei pasticcieri più creativi, vive un momento di grande felicità, sia a Milano, città che l’ha generato, sia nel resto d’Italia e del mondo. Proprio per questo motivo, il panettone è anche in pericolo. La sua fortuna, che è anche economica, spinge pasticcieri non molto orgogliosi della propria professionalità a utilizzare scorciatoie produttive, messe a disposizione da aziende produttrici di semilavorati.
Non è, infatti, l’industria a minacciare questo prodotto artigianale. Intanto, ha contribuito massimamente alla sua diffusione in tutto il mondo. Poi, avendo le sue regole produttive e i suoi canali, l’industria non ha interesse a confondere i suoi prodotti con quelli dell’artigiano, benché a volte giunga a notevoli vette di qualità. Sono piuttosto alcuni sedicenti artigiani a intorbidare le acque, lasciando pensare che i loro prodotti siano frutto della loro sapienza tecnica, quando invece sono stati prodotti con semilavorati abilmente studiati, ça va sans dire, ma dal tecnologo alimentare di un’industria. Tali semilavorati vanificano la necessità di competenza da parte dell’artigiano e standardizzano il risultato, rendendolo pari a un prodotto industriale. Il cliente, magari, non mangerà un cattivo panettone, ma un panettone uguale a mille altri, che avrà contraddetto il requisito base dell’artigianalità: l’originalità.
Ciò detto, non si vuole criminalizzare nessuno. Solo, si vuol mettere bene a fuoco il fatto che la professionalità di chi s’impegna davvero e l’eccellenza dei risultati, raggiunta con la competenza e con ingredienti d’alta qualità, vanno salvaguardate e considerate con il massimo rispetto.
Inoltre un artigiano non ha bisogno come l’industria di far durare i propri prodotti mesi e mesi, quindi può fare a meno di utilizzare ingredienti di sintesi come i conservanti, i mono- e digliceridi degli acidi grassi o altri coadiuvanti tecnologici. Un artigiano può produrre panettoni che durino il tempo giusto, quello consentito dalla natura, al massimo uno o due mesi. Un tempo che comunque è lunghissimo, grazie alle virtù del lievito madre. Evitando ingredienti di sintesi, il pasticciere esalta la sua artigianalità e offre al consumatore un prodotto più sano e genuino.
Questa petizione è rivolta a far ottenere all’arte e alle tradizioni nella storia del Panettone e dei pasticceri di Milano il prestigioso riconoscimento UNESCO, affinché il metodo di produzione artigianale di matrice milanese e la cultura che avvolge e sostanzia questo prodotto vengano salvaguardati, protetti, sviluppati e studiati in tutto il mondo.